Cari 101 piccoli infami.
Lettera aperta ai franchi tiratori
Cari 101 piccoli infami, la razza di chi ti dice una cosa in faccia e poi ti pugnala alle spalle mi ha sempre dato fastidio. Ma poi ho imparato a riconoscervi da lontano. Siete di due specie differenti. La prima è fatta da quelli che sono i tuoi più grandi amici, quando ti incontrano sono i primi a venirti incontro,baci abbracci e sorrisi.
La seconda è fatta da quelli che non hanno ancora abbastanza pelo sullo stomaco ed evitano lo sguardo. In tutti e due casi siete persone piccole. Che di mestiere facciate il segretario di una sezione di periferia o i parlamentari, non importa. Non è la carica a qualificare la levatura morale di una persona.
Vedete, cari piccoli infami, io sono di quelli che le cose le dicono sempre in faccia. Che magari a volte esagerano. E che sanno chiedere scusa quando sbagliano. Sempre fieramente perché, mi diceva mia nonna, l’unico che non sbaglia mai è quello che non fa niente.
Insultiamoci, accapigliamoci, prendiamoci pure a parolacce, ma sempre in faccia mai alle spalle.
Voi, invece, siete quelli che inneggiate all’unità del partito, che fate la faccia schifata quando qualcuno dice la verità, magari brutalmente: “Non sono cose da dirsi, perché fanno male al partito”.
E invece, cari piccoli infami, al partito fanno male le vostre ineffabili facce di bronzo. Fanno male i vostri culi che –su questo ci metterei la mano sul fuoco – non s sposteranno mai da quelle poltrone. Perché non voi non esponete mai il petto di fronte all’avversario, tutt’altro. Ci mandate il vostro vicino di banco a combattere. Lo spronate, gli dite vai. E voi sempre imboscati. Non intervenite nelle assemblee, ci mancherebsebe altro. Non dite mai: caro compagno hai detto una cavolata. No, voi vi tirate di gomito con il vicino, con la mano davanti alla bocca per nascondere il vostro sorriso divertito.
Se siete persone, se volete dirvi degni di appartenere a una comunità politica, fatevi avanti per una volta e dite: “Sì non ho votato Prodi, mi dispiace ma non ero d’accordo”. Oddio, se lo aveste fatto stamani, magari avremmo evitato l’ennesima figura di merda, ma va bene lo stesso. Fate outing. Fateci capire perché avete messo l’ennesima pietra su un partito che soltanto nel 2008 era la grande speranza degli italiani.
Voi siete gli stessi che mentre votavano compatti per Veltroni alle primarie già cominciavano a preparare gli agguati. Siete quelli che hanno fatto cadere il governo Prodi.
Ora Bersani avrà anche fatto errori molto gravi. Ma perché non vi siete alzati in direzione nazionale? No, ma ti pare che fate vedere le vostre facce da becchino dell’800? No, mentre votavate sì, già pensavate: ”Tanto un mesetto e lo cuociamo”.
Adesso basta, cari piccoli infami. Non vi meritate la nostra passione. Le notti passate a discutere, le mattinate al freddo nelle cento campagne elettorali che abbiamo fatto. Non vi meritate manco i due spesi per votarvi alle primarie, figuriamoci le alzatacce all’alba per permettere a tutti di votarvi. Fatevi vedere. E, una buona volta, andatevene. Perché non ne possiamo più.
Diritti civili, un referendum
fra gli iscritti al Pd
Ho letto che attenzione il documento approvato ieri dall’assemblea nazionale già alcune settimane fa. Io lo trovo molto debole, frutto di uno di quei compromessi interni che sta uccidendo gradualmente il progetto del Pd. Io credo che sia ora di dire parole chiare, anche pensando alle future alleanze elettorali. Mi chiedo, infatti, come si possa pensare ad un’alleanza con Casini e pensare allo stesso tempo di introdurre quei diritti civili che porterebbero l’Italia a livello di un qualsiasi paese civile.
E, allora, la soluzione c’è: basta con le timidezze e con gli ordini del giorno presentati in assemblee dove manco te li fanno votare con scuse burocratiche che manco nel Pcus. Si chieda con forza un referendum fra gli iscritti. Anzi se ne chieda più di uno dico io: sui diritti civili, ma anche sui diritti sociali, altro tema che spacca i cosiddetti organismi dirigenti del partito. Continuano a ripeterci che manca il regolamento applicativo dello statuto per i referendum interni. se aspettiamo che una qualche commissione lo produca facciamo a tempo a cambiare quattro o cinque partiti. I dirigenti della cosiddetta “area laica” del Pd lancino una raccolta di firme fra gli iscritti. Vediamo se poi hanno la forza di dire di no a migliaia e migliaia di firme.
E che nessuno dica che si tratta di questioni marginali, che bisogna pensare alla crisi: io credo che la laicità debba essere un tratto fondante del Pd, non un fatto marginale da discutere alla fine di un’assemblea a fine luglio. E lo dobbiamo dire con chiarezza anche ai futuri alleati: noi siamo questo, se volete stare con noi questo è il nostro programma. Fosse che magari, per una volta, anche gli elettori apprezzerebbero?
Ps: il 18 alla festa di Roma c’è Rosy Bindi. Io sono contro le contestazioni, i fischi, le piazzate. Ma costringiamo la presidente del partito a discutere di questi temi. Andiamo al dibattito, in tanti e alziamo tutti la mano per chiedere la parola. Civilmente, con calma. Se siamo in tanti non potranno non darci la parola.
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