Ritorno nel Paese che non sa più ribellarsi.
Il pippone del venerdì/74

Ott 26, 2018 by     No Comments    Posted under: Il pippone del venerdì






Tornare da Cuba e ritrovarsi immersi nella tristezza nostrana. Servono nervi saldi. Non che mi sia distaccato completamente dall’Italia in questi giorni. Anzi. Sotto il sole dei Caraibi ho letto documenti in cui le stesse persone che fino a pochi giorni prima si lamentavano del fatto che Grasso non esercitasse la sua leadership attaccavano lo stesso Grasso per averla finalmente esercitata. Ho letto di manovre finanziarie bocciate all’unanimità da tutti i governi europei ancor prima che venissero approvate dalle Camere. Ho letto di Renzi salito sul palco dell’ennesima Leopolda insieme a Bonolis. Sarà lui il nuovo riferimento per gli intellettuali del Pd? Chissà. Poi sbarchi a Fiumicino e ti ritrovi Salvini a San Lorenzo a volteggiare come un avvoltoio sul cadavere di una povera ragazza violentata e ammazzata, le scale mobili che impazziscono come nei cartoni animati, la sindaca che per combattere lo spaccio di droga e la prepotenza dei criminali che ormai comandano in pezzi interi di città vieta la vendita di alcolici dopo le 21. Sempre a San Lorenzo.

E qualcuno ancora si sorprende del mio pessimismo di questi mesi. A dire la verità credo di essere anche troppo ottimista. Anzi, temo che se non ci diamo una svegliata collettiva, il prossimo governo sarà molto peggio di quello che abbiamo adesso. Sia a livello romano che nazionale. Partiamo dalla capitale: la sentenza nel processo a carico della sindaca arriverà a breve. Quasi quasi tocca sperare che venga assolta. La sinistra romana è totalmente impreparata. L’opposizione ormai la fanno i cittadini. Si organizzano, scendono in piazza autoorganizzandosi come accadrà il 27 ottobre, non danno più retta a noi sinistra “istituzionale”. Anzi, veniamo spesso percepiti come un ostacolo. Lo dicono anche i ragazzi del Mamiami: siamo orfani di un sogno. E come non sentirsi responsabili, dall’89 in poi di aver contribuito a negare il diritto a quel sogno. Il sogno, semplice, di un mondo migliore, in cui la lotta alle sofferenze, alle ingiustizie, sia patrimonio collettivo. Che poi torni da un posto in cui i cittadini si sentono rivoluzionari e patrioti del mondo intero, malgrado gli errori e i 50 anni di embargo da parte degli Usa, e senti ancora di più addosso il peso di aver contributo a questo furto di sogni,  o almeno di non averlo contrastato abbastanza. Il furto del secolo.

Delle tante immagini di Cuba che mi porto dentro ce n’è una un po’ strana: tarda serata a Santa Clara, piazza centrale piena di gente, due tipi un po’ ubriachi litigano strillando. Ascoltare è inevitabile: litigano su Maduro, sulla società comunista. Poi si abbracciano e vanno a farsi un altro bicchiere. Due matti, ma è significativo di come quel popolo viva il suo essere comunità. La discussione sulla nuova Costituzione si fa casa per casa, sono informatissimi, trovi perfino uno che ti chiede se in Italia sia finita la crisi. Rovesciando le parti sarebbe da provare a chiedere a un italiano se sa chi sia il nuovo presidente all’Avana. A stento saprebbe dire chi è Mattarella.

Questo furto di sogni ci ha portato a un Paese cattivo e distratto, che se la prende con chi sta peggio per consolarsi. Che per vigliaccheria non è più in grado di gridare contro i potenti ma solo contro i miserabili della terra. Certo, prima o poi ne usciremo. Verrà alla fine il momento di rialzarsi, di tornare a sognare quel mondo migliore che adesso non vediamo più. Ma non sarà oggi e probabilmente neanche domani. Io credo che serva una generazione di distanza. Almeno. Il corpaccione profondo dell’Italia ha bisogno di disintossicarsi, di prendere le distanze dalle corti che hanno sostituito i partiti, dalle clientele che hanno reso marcio il sistema politico. Non credo che la cura siano i grillini o i leghisti, semmai sono la fase terminale (speriamo) della malattia. Temo molto quello che può succedere in caso di nuove elezioni, sia a Roma in seguito alla probabile condanna della Raggi, sia a livello nazionale magari dopo uno scontro furibondo con l’Europa

La guarigione, dicevo, sarà lenta. Serve tempo, serve la discesa in campo di una generazione non corrotta dalle pratiche nefaste degli ultimi 20 anni. Serve una generazione che sia in grado di scandalizzarsi e ribellarsi. Ecco, ritrovare il valore e il gusto della ribellione, della contestazione al sistema nel suo complesso. La chiave forse sta lì. E facciamola finita con gli eterni richiami al civismo come soluzione di tutti i problemi, la soluzione è far sì che le tante isole di impegno civico capiscano che senza un riferimento politico rischiano di provare a svuotare l’oceano con il cucchiaino. L’ho già scritto: dalle isole bisogna passare agli arcipelaghi per tornare poi sulla terraferma. Qualche esempio lo abbiamo, qua e là. Serve pazienza. Intanto ho disdetto Sky. Meno telegiornali farlocchi non mi faranno di certo male.








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