Note dal ritiro: a proposito
delle elezioni nel Lazio
Sono due giorni, qua negli scantinati della Pisana dove continua il mio ritiro spirituale, che si odono fragorosi e colpi. L’aria è lacerata da deflagrazioni improvvise, il silenzio dei campi è rotto da boati assordanti. E noi negletti dell’ufficio stampa ci siamo lungamente interrogati sulla natura dei suddetti colpi. Non è uno dei cantieri infiniti che assillano il Consiglio regionale, non sono tuoni, visto che il cielo è sereno. Da buoni giornalisti alla fine abbiamo scoperto l’origine e la natura dei botti: sono le cazzate che il capogruppo del Pd, Esterino Montino, spara dal suo ufficio ai piani alti.
Ora il solerte ufficio stampa dirà che ho il dente avvelenato con l’ex bracciante di Maccarese ora agrario di Capalbio. Bah. Sicuramente penso, e non da oggi, che quando uno è nato il 6 aprile del 1948, arrivato al 2010 potrebbe pensare di andare in pensione, anche dorata peraltro, invece di ricandidarsi alla regionali. Soprattutto se ha ricoperto tutti gli incarichi possibili.
Come penso, e anche qui non da oggi, che sarebbe bene discutere le scelte di un partito negli organismi dirigenti e non sulle pagine dei giornali. Per questo avevo scelto di non commentare i risultati elettorali nel Lazio, pensando che, prima o poi, qualcuno avrebbe pensato di riunire la direzione regionale. In teoria, poi, dovrei anche far parte della segreteria fantasma. Ero stato perfino zitto malgrado il delirio di chi gridava alla vittoria. “Beh, lo fanno per dovere d’ufficio – ho pensato – e sicuramente chi ricopre l’incarico di coordinatore del comitato regionale ha a disposizione la potente macchina del Pd e quindi avrà più elementi di me per valutare”. Resta da capire cosa coordini se non si riunisce la segreteria o quello che è.
Poi hanno cominciato lo stratega di Maccarese-Capalbio e lo stesso coordinatore a sparare cazzate a palle incatenate. D’Ausilio ha concluso in tarda serata: “Nel corso di una riunione tra i segretari del Pd di Frosinone e Latina e il commissario del Pd Lazio, Vannino Chiti, si è stabilito che la decisione sui ballottaggi a Sora, Cassino e Terracina sarà presa localmente, valutando caso per caso. Tale valutazione sarà improntata alla verifica delle condizioni politiche locali, dei programmi e dei candidati sindaci”.
Eccolo là. “Si valuta caso per caso”. Come dire, nessuna strategia, almeno Montino ne avanzava una – suicida – quella di “disarticolare il Pdl sostenendo i candidati della Polverini”.
E allora mi sono detto: forse, ma dico forse, sarà il caso di andarseli a guardare questi dati, senza cedere alla tentazione di un augusto componente della segreteria romana del Pd che, ligio al suo ruolo, ci comunica: “Analisi del voto: abbiamo vinto”.
Dunque: vinciamo più comuni della tornata scorsa. Vero, indubbiamente. Però, però. Soprattutto Comuni sotto i 15mila abitanti dove il voto non ha, di solito, molto di politico. Ballottaggi: Genzano, Mentana, Pomezia, innanzitutto. E che ballottaggi: a Genzano fra due esponenti del Pd. Con il paradosso che, in una città dove il centrosinistra esprime il 64 per cento dei consensi, a scegliere saranno gli elettori del centro destra. A Pomezia il sindaco uscente porta a casa uno striminzito 38 per cento. Avrà governato male? Sarà stato sbagliato rompere con un pezzo di sinistra per accogliere quattro consiglieri comunali ex Forza Italia? A Mentana, definita laboratorio politico per l’accordo con l’Udc, il candidato sindaco Altiero Lodi (Udc appunto) arriva secondo con il 31 per cento. Che sommato al 17 per cento ottenuto dalla candidata dell’altro pezzo del Pd fa quasi la maggioranza assoluta: saranno sommabili questi voti? Speriamo. Non tocchiamo palla a Marino, Colleferro, perdiamo Valmontone, centro nevralgico e forte attrattore di investimenti. Vinciamo bene a Ciampino, dove ci sono state le primarie vere e dove il candidato era assessore nella giunta uscente. Quando ci si chiede come formare la classe dirigente… Sempre a proposito di classe dirigente: a Olevano il potentissimo europarlamentare Guido Milana perde per tre voti contro un candidato ex diesse. Non è che a forza di ricandidare sempre gli stessi l’elettorato si stufa?
Rieti: perdiamo Fara Sabina. Roccaforte rossa della Sabina. Latina: l’incolore Claudio Moscardelli si ferma al 35.51 per cento. Poco sopra al disastroso risultato delle regionali dell’anno scorso quando la Bonino arrivò al 33. Terracina: il nostro candidato arriva quarto. Non c’è bisogno di ulteriori commenti. Cassino: altro laboratorio per l’accordo con l’Udc, arriviamo terzi, al ballottaggio vanno il Pdl (con sindaco uscente cacciato dalla sua maggioranza) e il candidato della sinistra più un pezzo del Pd. Sora, lasciamo perdere per carità di patria, basta dire che anche in questo caso siamo quarti. Però il segretario del Pd di Cassino è soddisfatto. Beato lui. La verità è ch in Provincia di Frosinone il centrosinistra non esiste. Altro che meridionalizzazione, qua siamo nella Sicilia peggiore.
Certo i ballottaggi possono raddrizzare la situazione, per questo avevo deciso di stare in silenzio. Possiamo confermare Pomezia e strappare Mentana alla destra.
Un dato però non potrà essere cancellato, il risultato del Pd. Vado a macchia di leopardo, raffrontando il risultato con le Regionali. Lo so, è improprio, ma vi assicuro che il confronto con le politiche sarebbe peggiore. E comunque, anche alle regionali c’erano le liste civiche. Genzano: passiamo dal 42 per cento al 21. Mentana, dal 24 al 14. Marino, dal 28 al 12. Pomezia, dal 23 al 16. Colleferro, dal 24 all’11. Cassino dal 13 al 4 per cento. Sora, dal 14 al 2.5.
E tutto questo avviene in una situazione in cui il Pdl, in molte zone, sta peggio di noi. A Morlupo avevano tre liste, contro una nostra. Ebbene siamo riusciti a perdere. A Cassino due. Altrettante a Sora e Terracina: vanno al ballottaggio fra di loro.
Dice il fine stratega Montino: beh, vista la situazione sosteniamo la Polverini e i suoi candidati, così mettiamo in difficoltà il Pdl. E magari facciamo entrare in fibrillazione la stessa maggioranza in Regione.
Ora, prima di entrare nel merito, io continuo a sostenere che una decisione del genere andrebbe presa negli organismi dirigenti di un partito e non negli uffici del capogruppo. Che saranno anche ricchi di fini consiglieri, ma non sono il partito. Fa notare l’ufficio stampa del gruppo Pd alla Pisana: “Questi stanno qui perche prendono i voti, non sono nominati come in parlamento”. Ora, premesso che mi piacerebbe sempre sapere quanto hanno speso “questi” in campagna elettorale, faccio notare che le liste dello scorso anno furono costruite a posta per farli eleggere senza troppi disturbi. E faccio anche notare timidamente che con “questi” abbiamo perso il Lazio. Poi, visto che il metro è questo, fra quattro anni, invece, di stare ordinatamente al mio posto chiederò di essere candidato. Voglio misurarmi con le preferenze. Magari supero le dieci prese dai portaborse messi lì a riempire le liste.
Che fare oggi.
C’è un’esigenza immediata, quella dei ballottaggi. Ecco, io credo che la posizione di Montino ci danneggi, non solo a livello locale, ma a livello nazionale. L’unico dato certo di queste elezioni è che vinciamo quando siamo chiari. Quando, come diceva Fassino, le priorità sono: coalizione unita e il miglior candidato possibile. Dunque che si doveva fare? Intanto partire dall’unità del centro-sinistra (Pd-Idv-Sel), cercare di ampliare la coalizione ove possibile. E poi scegliere caso per caso il candidato più forte, con equilibrio ma senza egoismi di partito. Possibilmente con le primarie, perché, e questo l’hanno capito in pochi, non solo si attiva uno strumento di partecipazione che il nostro elettorato ritiene essenziale, ma si fa già un bel pezzo di campagna elettorale. Mentre il centro-destra discute di chi debba essere il suo candidato, noi siamo già nelle piazze, sui giornali. Come dire, ci portiamo avanti con il lavoro. E di un bel pezzo.
Nel Lazio, salvo poche eccezioni, non abbiamo fatto questo. Hanno prevalso alleanza spurie, spaccature all’interno del Pd e nella coalizione. Hanno prevalso gli interessi di “questi che stanno qui perche prendono i voti, non sono nominati come in parlamento” rispetto a una strategia complessiva.
Si può rimediare, vincendo i ballottaggi. E si vincono mandando un messaggio semplice e chiaro: dove ci siamo si votano i nostri candidati, con accordi con le altre forze di centrosinistra. Sosteniamo i candidati delle altre forze di centro sinistra dove non ci siamo. Dove il ballottaggio è fra due candidati del centro destra, invitiamo gli elettori ad andarsene al mare. Niente tattichette, niente inciuci, niente dalemate su scala locale.
Sostenere la Polverini, sostiene Montino. Ora, prendendo come presupposto che sia in buona fede e non siano vere le voci su presunti inciuci con la governatrice per le nomine nelle società regionali, ora, dicevo, occorre partire da un presupposto, che forse lo stratega non ha ben chiaro: la Polverini governa il Lazio con il centro-destra e noi siamo all’opposizione. La Polverini è quella del piano casa trasformato in piano speculazione, è quella della legge Tarzia sui Consultori. E’ quella che ha tagliato gli ospedali su misura delle cliniche private. E’ quella che ha bloccato i fondi sulla formazione. E’ quella a cui dovremmo opporci con tutti i mezzi concessi alla minoranza. Dovremmo appunto. Il condizionale è quantomeno doveroso.
Non c’è una Polverini buona, quella che candida i suoi a Terracina e Sora, e una cattiva, quella che ha paralizzato la Regione. E non dimentichiamo e i due candidati a Terracina e Sora sono due ex consiglieri regionali, fatti fuori da Tar che ha giustamente riportato a 70 il numero dei componenti dell’assemblea legislativa dopo, tra l’altro, un ricorso del Pd. Due ex consiglieri regionali a cui la presidente vuole assicurare un contentino per tenerli legati a sé.
Questa tattichetta del dalema de noantri, ci danneggia. Danneggia i nostri candidati al ballottaggio, che per vincere hanno bisogno di un quadro chiaro e di una strategia definita. E ci danneggia non solo nel Lazio, visto che è finita sui quotidiani nazionali.
Che fare dopo.
La questione vera è che serve un partito. Al quale tutti, dai consiglieri eletti a quelli che non campano con la politica ma dedicano il loro tempo al partito per passione, possano portare un contributo. E in cui il contributo di ognuno venga valutato per quello che è e non per la persona da cui proviene. Chiedo troppo? Pare di sì. Non voglio entrare nel dibattito primarie sì, primarie no per eleggere il segretario regionale. Faccio notare però che, fino ad oggi, lo strumento ha mostrato forti limiti. Se è essenziale per i candidati alle cariche monocratiche, infatti, per quanto riguarda gli organismi di partito nutro forti dubbi. A meno che, come nel caso del segretario nazionale non coincida con il nostro candidato premieri.
Due, essenzialmente i motivi. Il primo: non aiutano una nuova generazione ad emergere. Un candidato che deve confrontarsi con gli elettori deve essere necessariamente conosciuto dai mass media. Deve essere attraente mediaticamente. Il secondo: la contemporanea presenza di liste per eleggere l’assemblea mette il segretario eletto nelle mani delle correnti. Né la situazione migliorerebbe se alle liste bloccate sostituissimo le preferenze, perché allora avremmo assemblee composte soltanto da consiglieri comunali e di municipio. Gli unici avere davvero il controllo del territorio e dunque delle preferenze. Trasformeremmo, insomma, le primarie in una sorta di elezione comunale anticipata.
Ci serve contarci ancora? Ci serve l’ennesima corsa alle tessere finta come le monete da tre euro?
La condizione migliore, per un partito inesistente come il Pd del Lazio, sarebbe una sorta di tregua fra i capobastone, l’elezione di una sorta di segretario di garanzia, che mettesse a lavorare accanto a lui i giovani più capaci, facendoli conoscere sul territorio, esaltando le competenze, le capacità.
E’ possibile tutto ciò? Non credo. Troppe le lacerazioni, troppo invocati questi giovani e questo nuovo. La verità è che nel Pd i giovani sono più omologati e omologanti dei vecchi. Costretti a chinare la testa da un meccanismo correntizio che premia la fedeltà, non mi stancherò mai di dirlo.
La soluzione peggiore sarebbe sicuramente l’ennesimo inciucetto che porterebbe a un segretario di facciata. Non credo che tutto questo faccia bene al Pd, né tanto meno a chi, forse, dovrebbe occuparsi di più del partito se ha l’ambizione di concorrere a traguardi importanti. A cominciare da Nicola Zingaretti, promesso sindaco di Roma. Caro Nicola, non basta governare bene la Provincia. Comincia a sporcarti un po’ le mani nel partito, a Roma, come nel Lazio.
Note a margine.
Qualcuno dirà: il solito Cardulli che usa un linguaggio sguaiato, esagera, si incazza invece di ragionare. Beh, premesso che me ne torno subito nel mio ritiro spirituale: vi rispondo anticipatamente: quando ce vo’, ce vo’. Mi dà fastidio persino il vostro paludato e incomprensibile linguaggio.
Siamo (uso il plurale perché non credo di essere il solo) stanchi, molto stanchi di apprendere le notizie dai giornali, di leggere di inciuci o presunti tali, a Roma come in Regione. Vogliamo un partito vero, non più o meno di sinistra, ma un partito che sappia dare risposte al disorientamento del nostro elettorato. Che sappia rappresentare un argine alla frana che sta investendo non solo la destra di Berlusconi ma il nostro Paese nel suo complesso. Vogliamo ricominciare a pensare all’interesse comune e non alle preferenze. Cordiali saluti e buon ballottaggio a tutti i nostri candidati.
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