L’opposizione che servirebbe all’Italia.
Il pippone del venerdì/139
Anni fa, lo ricordo spesso perché si tratta di una delle poche occasioni in cui mi sono trovato profondamente in disaccordo con D’Alema, attaccai duramente l’idea secondo cui la massima aspirazione della sinistra avrebbe dovuto essere fare dell’Italia un paese normale. Era un’immagine poco “appetitosa” per quella parte politica che, secondo me, doveva e deve ancora puntare a costruire un altro tipo di società, magari anche guardando alle idee socialiste. Eppure quell’obiettivo, me ne sono reso conto negli anni, appare ancora oggi non soltanto lontano, ma addirittura utopico. E’ stata, lo ammetto, una delle mie più grandi cantonate politiche. Continuo a pensare che la sinistra debba avere ideali alti su cui basare la propria iniziativa concreta. Debba mettere insieme “cielo e terra”. Ma la normalità, nel nostro caso, è l’obiettivo concreto più alto a cui si possa tendere.
Ne abbiamo la prova proprio in questi giorni. In tutto il mondo le opposizioni si stringono attorno al governo. Perfino la Le Pen, non proprio una moderata, è scesa dalle barricate e parla di battaglia comune da combattere, senza colori di partito. Succede ovunque, il governo chiama l’opposizione a un rapporto costruttivo, accoglie parte delle proposte che arrivano dalla minoranza, anche con un confronto serrato, e poi si arriva a una linea comune, su cui si lavora compatti.
Da noi succede il contrario. Dall’inizio dell’epidemia Salvini, Meloni e Renzi fanno ogni volta l’esatto contrario di quello che propone l’esecutivo. Partono le prime zone rosse? Bisogna riaprire tutto e subito. Lavorare! Gridava il leader leghista, con l’eco di Zaia e Fontana. Si provano a riaprire subito musei e altre attività? Serve massimo rigore. L’intera Italia diventa zona rossa? Non basta, chiudere tutto ma proprio tutto. Parte la fase più rigida della quarantena? Non va bene, così l’economia muore. Non che Conte non ci provi a venire a patti. Temo che alcuni provvedimenti del Governo nella loro genesi abbiano subìto modifiche profonde nel confronto con le Regioni.
La cosa più grave, infatti, è che non si limitano a enunciazioni teoriche, alla propaganda becera. No, usano le postazioni istituzionali che occupano per remare contro. Il caso della presidente della Calabria è esemplare. La Santelli che fino a ieri l’altro chiedeva l’intervento dell’esercito, adesso, con un atto platealmente illegittimo, concede a bar e ristoranti il servizio al tavolo, che potrebbe sembrare un’inezia, ma è considerato dagli esperti una delle possibili fonti di facile contagio. Non è neanche tanto difficile da capire: se il virus si trasmette con contatti prolungati, una cosa è entrare in un negozio fare rapidamente gli acquisti e uscire, un’altra è starsene seduti un’oretta, sia pur all’aperto. Ovviamente, la presidente, data l’urgenza dettata dalla necessità di mettere in difficoltà il governo, non si preoccupa neanche di stabilire delle regole, protocolli per la pulizia, le distanze da osservare nella disposizione dei tavoli. Nulla di tutto questo. Tanto che è riuscita a far andare su tutte le furie non solo i sindaci di buona parte della Regione, ma anche gli stessi commercianti.
Non la faccio troppo lunga, anche i miei pipponi nei giorni festivi sono in forma ridotta.
Mi limito a far notare che un’opposizione che non si limiti a dire che è tutto sbagliato, che l’unica soluzione è riaprire tutto, che l’antidoto alla burocrazia è l’azzeramento delle regole, che servono subito condoni di tutti i tipi, un’opposizione che si faccia carico del suo ruolo fino in fondo insomma, servirebbe eccome, anche a stimolare il governo.
E invece no, ci si affida a costituzionalisti improvvisati che gridano alla dittatura, si continua la campagna elettorale continua come se non ci fosse alcuna emergenza. C’è chi addirittura si scopre medium e fa parlare i morti.
C’è tutto un lavorio sotterraneo per far cadere il governo e sostituirlo con un esecutivo con tutti dentro, lo chiamano modello Ursula, per non far capire che si tratta della vecchia unità nazionale, magari presieduta da un tecnico presentabile. Con la regia neanche troppo occulta di Confindustria. E poi, questa è la cosa più divertente, si lamentano se la credibilità internazionale dell’Italia continua a essere scarsina.
Non sto qui a elencare meriti ed errori fatti da Conte, proprio perché, secondo me, nelle emergenze bisogna andare al sodo. Non che la democrazia sia sospesa, tutto si può dire meno che in questo Paese manchi la libertà di opinione. Si sono visti perfino parlamentari e dirigenti di partito manifestare in piazza durante la quarantena, che altro si vuole?
Dico però che se la democrazia è pienamente in vigore, sarebbe il caso di sospendere almeno la propaganda. Ma, come dicevo all’inizio, si tratta di un’utopia. La materia prima è quella che è. E continuo a temere che la classe politica rappresenti fedelmente lo stato disastrato del Paese, incattivito, rancoroso, incapace di quello slancio solidale che servirebbe adesso. Non basta cantare l’inno di Mameli da un balcone per essere un popolo.
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