I veri giochi olimpici dei cittadini romani.
Il pippone del venerdì/107

Giu 28, 2019 by     No Comments    Posted under: Il pippone del venerdì






Assegnate le olimpiadi invernali del 2026 alla strana accoppiata Milano-Cortina, resta per alcuni il rammarico per la rinuncia della sindaca Raggi alla candidatura romana per quelle estive del 2024. In molti hanno parlato dei posti di lavoro persi, dell’occasione mancata per la Capitale, in termini di investimenti e di turismo. A me, a dire il vero, pare una delle poche scelte sagge che ha fatto da quando è stata eletta. Noi le olimpiadi le facciamo tutti i giorni, altro che storie. Le facciamo quando dobbiamo cercare un varco per passare lungo i marciapiede invasi da cumuli di rifiuti puzzolenti, le facciamo quando dobbiamo incrociare le dita per prendere un autobus, quando dobbiamo risalire a piedi dai treni della metro perché le scale mobili, nella migliore delle ipotesi, non funzionano.

Le immagini simbolo del disastro di Roma potrebbero essere tante, ma io credo che quella davvero emblematica sia la foto della fermata Repubblica della metro A: chiusa per 8 mesi dopo il guasto drammatico alla scala mobile che nell’ottobre scorso causò decine di feriti, è stata riaperta nei giorni scorsi. Prima c’è stato un lungo periodo di sequestro da parte della magistratura per chiarire la dinamica dell’incidente, poi è stata cambiata la ditta responsabile della manutenzione. Morale della favola per 8 mesi una delle stazioni più centrali della principale linea di metropolitana di Roma è rimasta chiusa. E quando viene riaperta si scopre che la scala mobile incriminata continua a non funzionare. A che saranno serviti questi mesi di chiusura non si capisce bene.

Altro che olimpiadi, i cittadini romani avranno sicuramente le loro colpe perché se una città è così sporca la responsabilità è anche della mancanza diffusa di senso civico. Ma ormai meriterebbero di entrare nel guinnes dei primati per la loro pazienza. Roma non vive neanche più situazioni di emergenza, il caos è l’abitudine. La regola sono i cumuli di rifiuti, tanto che ci si commuove quando si incontra una pattuglia di eroici netturbini che raccolgono l’immondizia da terra sostanzialmente a mani nude. La regola sono le strade piene di buche, che uno in moto non riesce manco ad andare dritto e un pezzo di asfalto integro viene visto come la terra promessa. La regola sono gli autobus noleggiati in Israele dopo dieci anni di servizio (e già questo sarebbe curioso) e rimandati al mittente perché solo quando arrivano in Italia si scopre che non possono essere omologati perché non rispettano le regole dell’Ue sulle emissioni. Viene da chiedersi, a proposito, cosa aspettano all’Atac a chiedere i danni ai dirigenti responsabili di questa genialata. Io sarei per un bel calcio nel sedere e una causa civile per il risarcimento. La regola sono i giardini ormai impraticabili perché l’erba è diventata savana e gli alberi invece di fare ombra rischiano di caderti in testa. Le uniche aree verdi praticabili in sicurezza, ormai sono quelle affidate al buon cuore di associazioni e volontari vari. Cosa aspettiamo a uscire dall’indolenza e ribellarci?

Sia chiaro, non è che sia tutta colpa della Raggi. Questa città aveva vissuto già una stagione devastante negli anni ’80, poi era tornata Capitale vera, orgogliosa, con Rutelli e Veltroni. Con tutti i difetti di quella esperienza, pare un altro mondo. Ma da Alemanno in poi la discesa è ripresa. La Raggi, diciamo così, ha solo dato una spinta verso il baratro. Adesso i rifiuti non sono più una presenza sgradevole, ma sono diventati emergenza sanitaria. Con Marino sindaco, a dire il vero, qualche idea era stata messa in campo. La realizzazione degli eco distretti, ad esempio, veri e propri impianti a carattere industriale che non fossero dedicati al trattamento dei rifiuti ma al loro recupero. Quello che si fa in tutto il mondo, ovvero trasformare un fardello ingombrante in una risorsa per la città e che a Roma sembra ancora un sogno.

Ma anche con Marino qualche errore che ha accelerato la rincorsa verso il baratro ci fu. Per restare ai rifiuti penso all’introduzione di nuovi cassonetti aggiuntivi (quelli per l’umido e per il vetro) che sostituirono il vecchio multimateriale. Ora, che senso aveva raccogliere i rifiuti organici senza avere gli impianti per trattarli? E soprattutto che senso aveva aumentare la quantità dei cassonetti in strada e quindi aumentare anche i giri che i mezzi devono fare, quando tutti sostenevano che l’unico sistema che funziona è la raccolta porta a porta? Che non si dica che non si può fare in una grande città perché lo fanno ovunque. Berlino credo sia un esempio splendido: ogni palazzo ha dovuto realizzare il suo spazio rifiuti e se lo tiene bello pulito.

Detto questo non c’è dubbio che le mancate scelte della Raggi, che in questi anni ha solo prodotto una impressionante quantità di manager cambiati e assessori dimissionati, abbiano peggiorato ulteriormente una situazione che già prima era sul filo. Roma, da quando non si buttano più i rifiuti direttamente in discarica senza alcun trattamento, è sempre a rischio. Gli impianti esistenti, già all’epoca di Marino, erano appena sufficienti. Bastava un guasto a un nastro trasportatore per assistere all’accumulo di rifiuti in strada. Adesso che gli impianti, per incidenti e interventi di manutenzione, sono più che dimezzati, l’immondizia è diventata la vera padrona di Roma. I gabbiani, da noi, non sono più presenze poetiche che si vedono in lontananza sul mare, ma stormi inquietanti che volteggiano in stile avvoltoio sulle nostre teste alla ricerca di cibo tra i rifiuti. Ama, l’azienda che si occupa di rifiuti, si limita a raccogliere (male) i rifiuti, quando dovrebbe essere – va ribadito – una vera e propria industria del riciclo. L’unica cosa che arriva puntuale è la bolletta delle tasse.

Come si esce da questa situazione? Intanto cambiando sindaco e amministrazione, questo mi pare ovvio. Questi proprio non ce la fanno. Ma anche dando alla capitale d’Italia un sistema amministrativo che permetta di governare con efficacia una città che, senza contare la sua provincia, è grande quattro volte Londra, come estensione territoriale. E allora: senza inventarci formule strane che servono soltanto a rinviare alle calende greche qualsiasi decisione, si proceda con il completamento della Città metropolitana, con l’elezione diretta del sindaco, si attribuiscano a questa sorta di super Comune tutti i poteri necessari (dall’urbanistica al governo del sistema dei trasporti e della mobilità, ai rifiuti), ma soprattutto si trasformino gli inutili Municipi in altrettanti (almeno) Comuni metropolitani, con un bilancio proprio e tutti i poteri necessari all’amministrazione del territorio.

Sembra semplice, ma ci giriamo intorno da trent’anni e, riforma dopo riforma, non ci siamo mai riusciti. Eppure la chiave per cambiare questa città è questa, dotarla di uno strumento di governo adeguato alle sue dimensioni. Poi serve anche una classe dirigente adeguata e dei cittadini meno cialtroni. Ma per questo ci vorrà tempo. E un mezzo miracolo. Cominciamo, magari, con robuste iniezioni di educazione civica in tutte le scuole. Vanno presi da piccoli, dopo è tutto inutile.








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