Guida pratica al Pd del X Municipio
cap IV: i capannellidi
I capannellidi erano stanziati nella zona detta Capannelle, area famosa perché qui, nell’antica Roma si svolgevano curiose competizioni fra cavalli sul cui esito alcuni esseri umani, detti cavallari, scommettevano ingenti somme di denaro.
La zona di Capannelle, che comprendeva i tre quartieri di Statuario, Quarto Miglio e appunto Capannelle, fu a lungo terreno di scorribande degli ubiqui. Qui, fra i cavallari, trovarono il loro habitat naturali autorevoli dirigenti di questa tribù, dal capostipite dei battaglidi, a quello Zidane che abbiamo già ampiamente descritto.
La battaglia contro gli ubiqui fu capeggiata dalla famiglia dei lustridi, specie astuta che attraverso arditi ragionamenti tendeva a sconcertare l’avversario e a ridurlo al silenzio. Per seguire il filo del ragionamento servivano capacità mentali e una conoscenza della storia della sinistra italiana che gli ubiqui non hanno mai raggiunto nel corso dell’evoluzione della specie. Anche perché il significato della stessa parola sinistra era completamente ignoto agli ubiqui che furono forse gli iniziatori, nella zona, di quello che veniva definita “la complessa arte della preferenza”. Come abbiamo già avuto modo di accennare, non si trattava di preferenze culinarie, né tanto meno sessuali, ma sembra si trattasse di un’antica forma di costruzione del consenso, non in base a una piattaforma programmatica o politica, ma sulla fedeltà al candidato.
La lotta dei lustridi fu lunga e non priva di passaggi a vuoto, ma alla fine i battagliadi e i loro affini furono costretti all’emigrazione. In una fase della breve storia del Pd, infatti, si trovarono tutti concentrati nella zona di Osteria del Curato, dove poterono coltivare la loro attitudine al cosiddetto inciucio e prepararsi agli scontri successivi. L’inciucio, a cui si è già accennato, era un’altra pratica tipica del Pd, molto diffusa soprattutto in X Municipio. Si trattava di accordarsi con tribù nemiche, non in base a una qualche affinità, ma solo “per gestire il potere”. Pare fosse questa la preoccupazione di buona parte delle tribù del Pd.
Alleati dei lustridi nella contesa per la supremazia in questa zona periferica del X Municipio, furono le altre famiglie già nominate: quella dei kardoulis e quella dei braccioni, innanzitutto, che sostennero il peso dello scontro già iniziato in formazioni politiche di epoche antecedenti. Ma nel Pd di Capannelle fu rilevante il peso di militanti che si affacciarono in seguito: dai compagnucci, un ramo minore di quei “compagni” di cui tanto parlano le cronache del XX secolo, agli avellinidi, che dopo un periodo di assenza, tornarono prepotentemente sulla scena politica, ai lilletti, famiglia di antiche tradizioniche profondamente legata alla storia della sinistra italiana che decise di impegnarsi nel Pd proprio alla fondazione del nuovo partito, ai pedini.
Nel Pd di Capannelle entrarono anche altri personaggi, legati ad altre tribù: molti rutellidi, qualche francomorgiano importato da altre zone di Roma. Subito i francomorgiani si allearono con gli ubiqui. Mentre i rutellidi, salvo rare eccezioni, preferirono continuare nella loro curiosa pratica politica che non prevedeva la partecipazione alla vita collettiva del partito, se non dietro esplicita indicazione del loro capo locale, noto per il suo grido di battaglia “io sono uno di noi”. Un ardito giochi di parole che faceva riferimento, pare, al suo cognome. I suoi seguaci si riferivano a lui per ogni esigenza, anche le più minute. Mandò fra i capannellidi uno dei suoi più abili luogotenti, ciccio della famiglia degli ingrassini. La sua capacità di non prendere mai una posizione netta era proverbiale. Se ne trova più di una traccia nei documenti dell’epoca. Pare che anche il leader nazionale del Pd, Walter Veltroni, padre del maanchismo, lo prendesse come esempio di inarrivabile altezza. Preferì ritirarsi anche lui insieme agli ubiqui, scosso dalla rude attitudine dei lustridi: vista la loro capacità di confondere le acque, temette di perdere il controllo e di schierarsi.
Gli unici rutellidi che riuscirono con successo ad integrarsi fra i capannellidi furono gli areniani: famiglia appartenente a un’altra sottotribù dei rutellidi, che più facilmente si acclimatava in zone dette “di prima linea” come questa.
Altra caratteristica tipica dei capannellidi era l’orgoglio che si può desumere dall’antico motto: “Semo gli unici del X Municipio che famo la festa de l’Unità”. La festa de L’Unità è un antica modalità di riunione tipica dell’azione di propaganda politica del Pci, forza molto potente nel XX secolo. Si trattava di uno strano impasto di commercio, spettacolo e politica, che attirava nelle piazze e nei parchi di tutta Italia migliaia e migliaia di persone, le quali, tra una salsiccia e un piatto di pasta, dovevano per forza assistere agli show dei dirigenti politici più in voga al momento. Pare che fosse una pratica molto apprezzata dai capannellidi, meno da ubiqui e francomorgiani, timorosi di doversi confrontare pubblicamente, per di più in luoghi aperti. Come si sa queste specie erano solite frequentare le segrete stanze e temevano il confronto pubblico con le altre tribù.
Quella della Festa de l’Unità era, a quanto narrano le cronache dell’epoca, una pratica molto faticosa. Tanto che alcuni storici pensano che i capannellidi fossero geneticamente afflitti da una sorta di masochismo congenito. Ma la loro eterogenea provenienza geografica non avvalora questa tesi.
Gli ubiqui comunque, pur raggruppati altrove, non abbandonarono le loro pretese egemoniche sulla zona, cercando di infiltrarsi attraverso strutture minori della politica, dette comitati di quartiere, e, soprattutto, con il “blitz di via Polia”. Di questo epico gesto non si sa molto, salvo qualche oscuro documento burocratico dove si parla di un fantomatico “centro civico” e di tre “società”. Non si hanno elementi per capire molto di più. Di certo si trattò di un avvenimento cruciale, se è vero, come pare accertato, che gli ubiqui gli abbiano dedicato anni di intensa preparazione. I capannelli si fecero comunque trovare impreparati: la loro fedeltà al “Partito” li esponeva ad attacchi di cui non riuscivano a interpretare le finalità e a cui non riuscivano a replicare proprio per “non danneggiare l’immagine del partito”. Pare che questa loro debolezza abbia permesso agli ubiqui di continuare a mantenere posizioni di privilegio che gli consentirono una tranquilla “gestione del potere”.
Commenti
Got anything to say? Go ahead and leave a comment!
Cerca
mese per mese
L | M | M | G | V | S | D |
---|---|---|---|---|---|---|
« Set | ||||||
1 | ||||||
2 | 3 | 4 | 5 | 6 | 7 | 8 |
9 | 10 | 11 | 12 | 13 | 14 | 15 |
16 | 17 | 18 | 19 | 20 | 21 | 22 |
23 | 24 | 25 | 26 | 27 | 28 | 29 |
30 | 31 |