Guida pratica al Pd del X Municipio
cap. III: i veltroniani
Quella dei veltroniani è una delle storie più interessanti in questa nostra analisi. Tribù molto diffusa sul territorio, aveva la sua sede principale in un luogo detto “Sezione di Flavio Stilicone”, luogo sacro, come si evince dalle cronache dell’epoca, custodito con riverenza. Un vero e proprio tempio veltroniano. Qui, narrano gli storici, venivano i leader a livello nazionale quando si trattava di cercare un contatto con i militanti. Qui si svolgevano, soprattutto in epoca antecedente al Pd, le adunanze collettive delle varie tribù, i cosiddetti congressi. La tribù dei veltroniani, invero, si era molto diffusa anche nelle zone periferiche delle Capannelle e di Anagnina. Ma via Flavio Stilicone poteva considerarsi l’habitat naturale del veltroniano del Pd del X Municipio di Roma. Nella spartizione territoriale tra le varie tribù una delle aree, al contrario, interdetta ai veltroniani era la zona sub augustea, come abbiamo già avuto modo di spiegare, dominata dalla presenza della gens francomorgiana, storicamente nemica acerrima della corrente che faceva capo al leader nazionale del Pd.
A quanto dicono gli storici più in auge, la stessa ampia diffusione della tribù rappresentava anche il suo punto di debolezza. la tradizione orale, perchè non esiste documentazione al riguardo, ci riporta l’immagine di una tribù vasta e capillarmente diffusa sul territorio, ma si narra che alcuni capi tribù subirono il fascino della pratica politica più utilizzata dai francomorgiani, l’ormai famoso bilancino.
I Veltroniani provarono ad applicare questa tecnica complessa con risultati, a quanto pare, disastrosi.
Persa questa partita, provarono a “fare politica sul territorio”. Pratica sconosciuta, a quel tempo.
Il risultato fu di perdere una parte della tribù, tentata dal bilancino francomorgiano. Mentre un’altra parte tornò nel suo alveo naturale, quello degli ubiqui.
Questo è quanto si è potuto ricostruire sulle vicende relative alla scomparsa dei veltroniani, ma si ritiene che la causa fisiologica dell’estinzione della tribù sia stata l’innata incapacità di scegliere tra due o più soluzioni alternative diametralmente opposte che venivano proposte alla tribù attraverso un innovativo sistema, sperimentato con successo soltanto dal leader nazionale del Pd, che veniva definito in gergo “maanchismo.”
Figura principale dei veltroniani del X Municipio fu sicuramente la gens baldinica. Famiglia caratterizzata da una forte attitudine alla mediazione, pratica simile a quella del bilancino, ma caratterizzata dal “comune programma del partito”: capostipite fu Max Cunctator.
Abile stratega, nei momenti di difficoltà era solito temporeggiare per far calmare le acque. Diventava improvvisamente irraggiungibile (le cronache narrano di un buon ritiro segreto su un isola dell’ arcipelago toscano) fino a quando non veniva avvertito che le tribù avevano deciso di firmare una tregua.
Custodi indiscussi del Tempio Flavio Stilicone erano i Marcianensi: famiglia che aveva una curiosa particolarità: i maschi della specie si chiamavano tutti Claudio. Il patriarca era Claudio “Unico”, il figlio Daniele Claudio, il nipote Claudio Daniele. Non si hanno notizie di ulteriori discendenti: pare che il nome unico, fosse stato attribuito per evitare equivoci e confusione tra coloro che, pur non appartenendo alla tribù propriamente detta, venivano avvicinati dalla stessa in occasione di raduni di massa chiamati elezioni. Facevano capo ai portellidi, famiglia che agiva in ambito archeologico.
Altra famiglia, più periferica, era quella dei Kardoulis: specie molto irritabile, abitava fra i resti romani della zona detta Capannelle, sulla quale diremo di più in seguito. Il grido di guerra della famiglia era: “E mo basta, m’avete rotto er cazzo”. Espressione dialettale, nel gergo tipico dell’epoca, da non intendersi alla lettera. Trattasi di fine metafora.
La famiglia dei Kardoulis era ferocemente contraria alla pratica del bilancino, ma la sua debolezza genetica sullo zigomo, unita alla proverbiale litigiosità, finì per minarne la lucidità e portò a un repentino allontanamento dall’attività politica dell’intera famiglia.
Sempre nella zona Capannelle, ma nella sottozona Quarto Miglio, operarono anche i Braccioni: noti per le grosse estremità superiori, malgrado il nome minaccioso usavano cercare sempre di calmare gli animi. Fino ad arrivare a vere e proprie crisi di identità, quando si accorgevano che tale pratica non era possibile. Alcuni storici hanno addirittura proposto di inserirli fra gli ubiqui, stimolati dai rapporti a volte tesi con altri esponenti dei Capannellidi. Ma si tratta di un chiaro abbaglio, che sveleremo nei prossimi capitoli.
Insieme a loro agirono per un certo periodo, anche alcuni esuli del Tempio Stilicone: i karda e la famiglia dei tedeschi. Due presenze importanti, ma definite nelle cronache dell’epoca “presenze virtuali”. Agli occhi di uno studioso contemporaneo non si capisce bene, però, come fosse possibile conciliare la pratica della politica sul territorio, che pare avere un significato molto concreto, con la presenza virtuali. Sono attualmente in fase di studio molti documenti informatici detti all’epoca e-mail che pare fossero tipici della famiglia dei Karda attraverso i quali venivano divulgate le linee programmatiche, criptate. Si tratta però di documenti di difficile comprensione, pieni di segni, di interpretazione quasi impossibile. La famiglia infatti era ossessionata dalla segretezza, si narra che non parlassero mai a meno di 5 centimetri dall’orecchio dell’interlocutore e nascondendo la bocca con la mano per non far intuire al nemico la strategia.
I tedeschi, molto vicini ai karda detti anche teutonici erano noti per la loro inflessibilità, si spezzavano ma non si piegavano. Parlavano a scatti, con lunghe pause di riflessione, insieme ai karda elaboravano complicate strategie, che poi spesso si dimenticavano.
Alleati storici dei veltroniani, oltre ai Capannellidi erano gli Anagninidi, tanto che gli storici meno accurati tendevano a non distinguere queste tribù, accumunate dalla grande produzione di documenti cartacei.
Come abbiamo accennato, i veltroniani come ultimo disperato tentativo di riacquistare la perduta supremazia, si gettarono nell’antica pratica della politica: organizzarono adunanze dette assemblee pubbliche, si gettarono sulla comunicazione telematica, all’epoca detta internet, si adunarono in luoghi di cui si è perso il significato detti “siti”. Fra i documenti abbiamo rinvenuto alcuni slogan fondamentali: partito dei militanti, formazione della classe dirigente, confronto sui programmi. Non si tratta di concetti di difficile comprensione per un contemporaneo, ma pare che all’epoca queste pratiche fossero cadute in desuetudine. Per cui, pur suscitando un grande interesse fra la gente comune, non furono comprese all’interno del partito che finì per considerare questa tribù come una cellula impazzita dell’organismo. da principio si cercò di circoscrivere il danno organico, ma alcuni documenti rinvenuti di recente informano che in un secondo momento con mezzi diversi i capi locali furono sterminati o ridotti al silenzio.
A quanto dicono gli storici più in auge, la stessa ampia diffusione della tribù rappresentava anche il suo punto di debolezza. la tradizione orale, perchè non esiste documentazione al riguardo, ci riporta l’immagine di una tribù vasta e capillarmente diffusa sul territorio, ma si narra che alcuni capi tribù subirono il fascino della pratica politica più utilizzata dai francomorgiani, l’ormai famoso bilancino.
I Veltroniani provarono ad applicare questa tecnica complessa con risultati, a quanto pare, disastrosi.
Persa questa partita, provarono a “fare politica sul territorio”. Pratica sconosciuta, a quel tempo.
Il risultato fu di perdere una parte della tribù, tentata dal bilancino francomorgiano. Mentre un’altra parte tornò nel suo alveo naturale, quello degli ubiqui.
Questo è quanto si è potuto ricostruire sulle vicende relative alla scomparsa dei veltroniani, ma si ritiene che la causa fisiologica dell’estinzione della tribù sia stata l’innata incapacità di scegliere tra due o più soluzioni alternative diametralmente opposte che venivano proposte alla tribù attraverso un innovativo sistema, sperimentato con successo soltanto dal leader nazionale del Pd, che veniva definito in gergo “maanchismo.”
Figura principale dei veltroniani del X Municipio fu sicuramente la gens baldinica. Famiglia caratterizzata da una forte attitudine alla mediazione, pratica simile a quella del bilancino, ma caratterizzata dal “comune programma del partito”: capostipite fu Max Cunctator.
Abile stratega, nei momenti di difficoltà era solito temporeggiare per far calmare le acque. Diventava improvvisamente irraggiungibile (le cronache narrano di un buon ritiro segreto su un isola dell’ arcipelago toscano) fino a quando non veniva avvertito che le tribù avevano deciso di firmare una tregua.
Custodi indiscussi del Tempio Flavio Stilicone erano i Marcianensi: famiglia che aveva una curiosa particolarità: i maschi della specie si chiamavano tutti Claudio. Il patriarca era Claudio “Unico”, il figlio Daniele Claudio, il nipote Claudio Daniele. Non si hanno notizie di ulteriori discendenti: pare che il nome unico, fosse stato attribuito per evitare equivoci e confusione tra coloro che, pur non appartenendo alla tribù propriamente detta, venivano avvicinati dalla stessa in occasione di raduni di massa chiamati elezioni. Facevano capo ai portellidi, famiglia che agiva in ambito archeologico.
Altra famiglia, più periferica, era quella dei Kardoulis: specie molto irritabile, abitava fra i resti romani della zona detta Capannelle, sulla quale diremo di più in seguito. Il grido di guerra della famiglia era: “E mo basta, m’avete rotto er cazzo”. Espressione dialettale, nel gergo tipico dell’epoca, da non intendersi alla lettera. Trattasi di fine metafora.
La famiglia dei Kardoulis era ferocemente contraria alla pratica del bilancino, ma la sua debolezza genetica sullo zigomo, unita alla proverbiale litigiosità, finì per minarne la lucidità e portò a un repentino allontanamento dall’attività politica dell’intera famiglia.
Sempre nella zona Capannelle, ma nella sottozona Quarto Miglio, operarono anche i Braccioni: noti per le grosse estremità superiori, malgrado il nome minaccioso usavano cercare sempre di calmare gli animi. Fino ad arrivare a vere e proprie crisi di identità, quando si accorgevano che tale pratica non era possibile. Alcuni storici hanno addirittura proposto di inserirli fra gli ubiqui, stimolati dai rapporti a volte tesi con altri esponenti dei Capannellidi. Ma si tratta di un chiaro abbaglio, che sveleremo nei prossimi capitoli.
Insieme a loro agirono per un certo periodo, anche alcuni esuli del Tempio Stilicone: i karda e la famiglia dei tedeschi. Due presenze importanti, ma definite nelle cronache dell’epoca “presenze virtuali”. Agli occhi di uno studioso contemporaneo non si capisce bene, però, come fosse possibile conciliare la pratica della politica sul territorio, che pare avere un significato molto concreto, con la presenza virtuali. Sono attualmente in fase di studio molti documenti informatici detti all’epoca e-mail che pare fossero tipici della famiglia dei Karda attraverso i quali venivano divulgate le linee programmatiche, criptate. Si tratta però di documenti di difficile comprensione, pieni di segni, di interpretazione quasi impossibile. La famiglia infatti era ossessionata dalla segretezza, si narra che non parlassero mai a meno di 5 centimetri dall’orecchio dell’interlocutore e nascondendo la bocca con la mano per non far intuire al nemico la strategia.
I tedeschi, molto vicini ai karda detti anche teutonici erano noti per la loro inflessibilità, si spezzavano ma non si piegavano. Parlavano a scatti, con lunghe pause di riflessione, insieme ai karda elaboravano complicate strategie, che poi spesso si dimenticavano.
Alleati storici dei veltroniani, oltre ai Capannellidi erano gli Anagninidi, tanto che gli storici meno accurati tendevano a non distinguere queste tribù, accumunate dalla grande produzione di documenti cartacei.
Come abbiamo accennato, i veltroniani come ultimo disperato tentativo di riacquistare la perduta supremazia, si gettarono nell’antica pratica della politica: organizzarono adunanze dette assemblee pubbliche, si gettarono sulla comunicazione telematica, all’epoca detta internet, si adunarono in luoghi di cui si è perso il significato detti “siti”. Fra i documenti abbiamo rinvenuto alcuni slogan fondamentali: partito dei militanti, formazione della classe dirigente, confronto sui programmi. Non si tratta di concetti di difficile comprensione per un contemporaneo, ma pare che all’epoca queste pratiche fossero cadute in desuetudine. Per cui, pur suscitando un grande interesse fra la gente comune, non furono comprese all’interno del partito che finì per considerare questa tribù come una cellula impazzita dell’organismo. da principio si cercò di circoscrivere il danno organico, ma alcuni documenti rinvenuti di recente informano che in un secondo momento con mezzi diversi i capi locali furono sterminati o ridotti al silenzio.
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