Guida pratica al Pd del X Municipio
Cap I – i francomorgiani
Nella nostra analisi su questa formazione politica della storia antica, abbiamo inteso partire dalla corrente dei francomorgiani, perché si tratta forse del capitolo più oscuro della vicenda. Anche il nome della tribù è incerto. Alcuni autori dell’epoca li chiamano “dalemaniani”, altri “talebani”, altri ancora “bugarinidi”. Di certo c’è che furono di grande rilievo nel panorama politico locale, grazie alla loro capacità di dispensare posti a corte, ma anche per la loro capacità di inventare alleanze con le altre correnti democratiche e con formazioni politiche vicine e lontane. Storica è la loro unione, ben cementata – è proprio il caso di dirlo – con il monarca locale, Medici I. Si estinsero presto, dicono gli storici, a causa di una malformazione congenita che li portava a digrignare continuamente i denti.
Da rifiutare anche la definizione di “bugarinidi”, perché legata a un leader locale detto “l’ideologo” che però non sembra rilevante nella vita del Pd locale pur conservando un ruolo di punto di riferimento indiscusso, in questo periodo sembra più occupato a gestire pratiche di livello regionale. Non si capisce bene di quale natura. In documenti ufficiali dell’epoca pare fosse stato nominato “capo della segreteria dell’assessore allo Sviluppo Economico, Ricerca, Innovazione e Turismo”, ma di cosa si occupasse in concreto, vista la segretezza che caratterizzava questa tribù, non è dato saperlo. Più corretto allora la definizione di “francomorgiani”, dal nome di un boss locale, Franco Morgia detto “l’arcigno”, che si nominò padrone del Pd locale nella fase detta “il guado”. Altri storici, a questo proposito, fanno notare che piuttosto sarebbe meglio definire questa fase: “In mezzo al guado” o ancora meglio “con le chiappe a mollo”.
Non si sa molto sulla vita della componente. E’ stato ritrovato in documenti di organismi politici detti “commissioni elettorali”, il loro grido di battaglia. Pare che le altre tribù ne fossero letteralmente terrorizzate, anche se il motivo resta del tutto incomprensibile: “Rappresentiamo il 25 per cento del Pd”. Né, purtroppo, sono giunti ai giorni nostri, documenti o prove atti a suffragare questa impegnativa affermazione. Nel Pd, infatti, la consistenza delle varie tribù era del tutto presunta. Pare, però, che i francomorgiani fossero maestri in uno sport molto in voga all’epoca, collegato in qualche modo alla definizione della consistenza di ciascuna tribù: la gara a chi ce l’ha più lungo.
Per raggiungere quella che in gergo veniva detta “la quadra” (vedi immagine di un raro documento dell’epoca gentilmente fornita da una collega anche lei appassionata di studi sulla politica primordiale) venivano usati quegli strumenti descritti nella prefazione, calcolatrice e bilancino. Non si capisce bene come queste pratiche possano aver costituito parte preponderante delle attività dei politici del tempo, ma pare fossero fondamentali. Si suppone fosse un metodo usato per dirimere le controversie con le tribù confinanti e raggiungere, se non la pace vera e propria, quanto meno una tregua.
In queste pratiche, che si svolgevano, va ricordato, in luoghi detti “segrete stanze”, pare eccellessero i francomorgiani, abili nel presentarsi come i “campioni del riformismo” (espressione tipica del periodo seguito alla scomparsa dei regimi totalitari che indicava, in realtà, una mancanza assoluta di idee), maestri nell’arte della cosiddetta “spartitio”.
La loro prematura scomparsa fu attribuita inizialmente alla loro ben nota voracità. Molti studiosi hanno cercato, analizzando i resti della tribù, trovati nella zona sub augustea, di provare gli effetti di questa caratteristica tramite la mappatura completa del codice genetico.
Hanno pensato a una forma di diabete alimentare, a malattie arteriose. Ma non hanno trovato nulla che possa far pensare a disfunzioni organiche. La nostra opinione è che, piuttosto, il termine “voracità” sia da attribuire a caratteristiche non legate all’alimentazione.
Sulle cause della loro scomparsa abbiamo piuttosto alcune analisi dell’apparato scheletrico che ci danno indicazioni precise. Come già accennato, pare che i francomorgiani avessero una deformazione dell’apparato mandibolare simile a quella di alcuni erbivori, i ruminanti, che li portava a digrignare continuamente i denti. In alcuni esemplari, questo difetto genetico, portava a difetti di pronuncia che li portava a essere incomprensibili a tutti se non a pochi iniziati. In altri casi, i più gravi, portò a grave forme di deformazione facciale gravemente invalidanti, quello che, appunto, gli studiosi chiamano il “francomorgismo”. Nelle zone di loro pertinenza, comunque, le femmine della tribù usavano questa caratteristica del maschio francomorgiano per sbrigare alcune incombenze di casa, quali l’affilatura del coltello, un antico strumento atto a tagliare cibi.
Di loro si è persa ogni traccia dopo il bienno 2007-2008.
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