Guida al Pd del X Municipio
cap. V: gli anagninidi
Si tratta di una tribù che agiva esclusivamente, come si legge nei documenti dell’epoca, “fuori dal Grande raccordo anulare”. Non si capisce bene cosa volesse dire e cosa fosse questo Grande raccordo anulare (in sigla Gra), pare, però, che costituisse non solo una barriera fisica quasi insormontabile, ma anche una sorta di condizione spirituale.
Coloro che risiedevano fuori dal Gra, si ritenevano, infatti, figli di un Dio minore, cresciuti in zone malsane, in abitazioni di fortuna, spesso prive di quelli che venivano chiamati “servizi pubblici”. Pare si trattasse di elementari “benefit” riguardanti raccolta delle acque, illuminazione, circolazione, comunicazione, che per motivi ignoti solo a fatica riuscivano a valicare questa importante frontiera.
La tribù degli anagnidi, che prende il nome da una delle arterie principali per la circolazione della zona, l’Anagnina appunto, visse e si sviluppo in questo difficile habitat naturale e da questo fu fortemente segnata. Innanzitutto, caratteristiche che la differenzia da tutte le altre correnti del Pd, era essenziale matriarcale.
Le famiglie principali, i leucini, i cristianidi e i vannozzelli, erano guidati non dall’uomo come abitualmente succedeva nel Pd, e non solo del X Municipio, ma dalle donne della famiglia. Agli uomini venivano delegati i problemi pratici: dalla diffusione degli strumenti di propaganda all’approvvigionamento. L’unica famiglia davvero a conduzione maschile, i paiellidi, di cui abbiamo già accennato fra gli ubiqui, fu coinvolta in quello che venne definito “il grande esodo a Osteria del curato”. Un fenomeno che fu comune a molti ubiqui, è vero, ma sono molti gli studiosi che leggono l’esodo dei paiellidi, per altro residenti nella zona, come un segno di ribellione al potere matriarcale. Pare che i paiellidi non si siano rassegnati a vivere in un territorio angusto come quello loro assegnato, ma che tentassero continue sortite nel territorio anagninide, attraverso pratiche dell’epoca quali la “conquista delle tessere” e l’influenza sui cosiddetti “comitati di quartiere”. Sui comitati di quartiere abbiamo gà detto, trattatasi di forme primordiali di gestione del consenso. La conquista delle tessere, invece, pare un fenomeno legato ad antichi giochi per bambini: le figurine panini, o in epoca più recente, i pokemon, magic e i potenti gormiti.
Questo causò conflitti e tensioni che indebolirono soprattutto gli anagninidi, a loro volta costretti ad agire su un territorio più limitato rispetto al passato, visto il tentativo di un’altra tribù, quella dei rutellidi, di insediarsi nella zona cosiddetta di Morena.
Tale tentativo incontrò, come già accennato nei capitoli passati, problemi logistici di non poca rilevanza: la mancanza di una sede fissa, costrinse i militanti di Morena a riunirsi in luoghi improbabili, detti i “gonfiabili”, di cui si ignora la funzione. Sembra si trattasse di un luogo dedicato ad antiche pratiche ludiche, completamente aperto, per cui il locale “circolo Pd” poteva riunirsi soltanto dalla primavera all’autunno, maltempo permettendo. Venne perciò chiamato, in ricordo di pratiche ancor più antiche, “circolo balneare”. Si narra di adunanze interrotte per temporali improvvisi, di militanti affetti da bronchite cronica e da malattie reumatiche dovute alla prolungata esposizione all’umidità. Gli anagnidi residenti della zona di Morena, inizialmente uniti al circolo balneare, presto si riunirono alla tribù di origine, che al di là delle divisioni territoriali, rimase uno stabile punto di riferimento.
Nella zona dell’anagnina erano presenti numerosi esuli proveniente dall’area subagustea, di pertinenza dei francomorgiani. Costituirono la famiglia dei cosiddeti miglioristi: si tratta dei santarellini, imparentati con Adriano “grande vecchio” Valentini e dei trombettiani, noti per la loro intensa frequentazione dell’arte oratoria. Caratteristica dei miglioristi era la capacità di avvalorare le proprie tesi con l’esposizione di grafici e cartelli fino a portare la discussione ad un punto di non ritorno scatenando le ire di Enzo Catone, un anagninide di cui parleremo poi. Che non facciano parte del ceppo originario anagninide è segnalato dal fatto che si tratta di famiglie per lo più maschili. Va aperta, a questo punto, un breve excursus chiarificatorio sulle sorti dei valentini e e dei pironi: un tempo famiglie di punta dell’area sub augustea, con la costituzione del Pd assunsero un ruolo più defilato, pur continuando a impegnarsi in ambiti parapolitici. Pare che i contrasti con i francomorgiani siano la causa principale del loro disimpegno.
Tornando agli anagninidi, va notata che altra loro caratteristica era sicuramente la ferocia dei componenti maschili. Caposcuola fu Enzo Catone dei leucini, del quale rimase famoso il detto: chi mena prima mena due volte. Marito della leader indiscussa dell’area, Flavia detta la sanguinaria, veniva scatenato nelle situazioni più difficili: la sua discesa in campo provocava immediato scompiglio nelle truppe nemiche, soprattutto fra le reclute. Vista la vicinanza dei capannellidi, spesso le due tribù si trovarono unite e usarono la tattica del doppio attacco: da un lato partivano i lustridi, noti per la loro capacità di confondere l’avversario con arditi ragionamenti in apparenza completamente strampalati, dall’altro interveniva il leucino Enzo alla guida dei suoi sterminatori. I leucini assunsero un ruolo determinante con la pur breve permanenza della sanguinaria nell’organo di governo del X Municipio, dominato da re Medici: le cronache dell’epoca narrano della continua protesta di Flavia, che si aggirava nei corridoi digrignando i denti alla maniera dei francomorgiani: “Me so’ rotta de fa er cane da guardia – diceva a se stessa – m’avete lasciata sola in mezzo a sta banda de matti”. Il suo grido di allarme rimase per lo più inascoltato fino alla presa del potere dei francomorgiani, quando in molti dissero: forse c’aveva ragione. Le cronache narrano di battaglie senza esclusione di colpi contro la “sanguinaria”. Ci furono alcuni ubiqui che tentarono di farla passare come una novella circe ammaliatrice che si era fatta strada con mezzi poco leciti. Portata la questione di fronte ai cosidetti “garanti” essi se ne lavarono le mani. Dalle cronache dell’epoca però non si hanno notizie certe di tali pratiche di Flavia dei leucini, per cui, gli storici di maggior fama sono concordi sul fatto che si sia trattato di un’altra antica pratica, molto usata nel Pd, la cosiddetta calunnia. Che consisteva nel raccontare fatti non veri attribuendoli agli avversari. Non ci si deve meravigliare, del resto, perché va ricordato che il Pd praticava la lotta politica quasi esclusivamente al suo interno e non contro lo schieramento opposto.
I cristianidi derivano invece da antiche tribù di carattere religioso, erano conosciuti per la statura di modeste dimensioni, ma anche per la loro capacità di azzannare l’avversario in parti improponibili quanto dolorose. Il loro modello d’approccio era fingersi creature amorevoli e pacifiche affinché il nemico si avvicinasse a sufficienza per poi colpire con la famosa “testata nelle parti basse”. I cristianidi abitarono per un lunghissimo periodo nell’assemblea consultiva di cui si circondava il sovrano locale. Con la pratica delle elezioni venivano scelti 24 “consiglieri”, quelli che riuscivano a raccattare il maggior numero di consensi personali, quelle “preferenze” cui abbiamo già accennato in precedenza. In realtà erano soltanto usati come contorno per magnificare Medici I. la rappresentante dei cristianidi alla corte del re era detta “la Puffa”, fu membro dell’assemblea per un periodo lunghissimo sebbene non abbia mai ricoperto cariche di rilievo, vista l’ostilità nei confronti del sovrano. a causa di ciò tutti i cristianidi furono affetti da una grave sindrome detta la malattia del “me rode intensamente” la cui sintomatologia poteva essere confusa con la caratteristica dei francomorgiani, ma del tutto diversa è l’eziologia.
Altra famiglia di rilevo fu quella dei vannozzelli, che, malgrado la parentela con i paiellidi, restò fortemente legata agli anagnidi. Ai vannozzelli, capeggiati da Arianna detta “la Svampita” fu affidato lo svezzamento cioè l’importante incarico di svezzare i cuccioli della tribù. La tribù infatti non si riproduceva, ma aggregava cuccioli di altre zone che in massa e ciclicamente attraversavano il territorio degli anagninidi. Pare che Arianna avesse preso molto sul serio tale incarico che svolse con dedizione, impegnandosi con tutta se stessa e riscuotendo molti successi con frequenti incursioni anche in campi tradizionalmente avversi come quello dei “democristiani doc”. Non si conoscono per certo le cause della scomparsa degli anagninidi, ma sembrerebbe che durante il periodo cosidetto “congressuale” si sia verificato uno scontro con i paiellidi, a causa delle già menzionate incursioni di quest’ultimi nella zona degli anagninidi, e che lo stesso, ricordato dagli annali come “la guerra del Gra”, si sia concluso con lo sterminio reciproco dopo una battaglia all’ultimo sangue.
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