Le autostrade e i monopoli privati da scardinare.
Il pippone del venerdì/148
Quello della gestione delle autostrade e del ruolo della famiglia Benetton è stato sicuramente il tormentone della settimana, se non degli ultimi mesi. La conclusione non è ancora arrivata, quando si conosceranno i dettagli e l’accordo diventerà operativo se ne potranno valutare costi, rischi e benefici. Di certo si può dire che si è trovata una soluzione che, in apparenza, raggiunge il risultato voluto, riportare una buona parte delle autostrade italiane sotto il controllo pubblico, evitando gli effetti negativi che una eventuale revoca avrebbe provocato. Intanto si sarebbe mandata gambe all’aria una società che avrà anche tutte le colpe del mondo, ma non ha come unico azionista la famiglia Benetton, famiglia che in questo periodo, nell’immaginario collettivo, è diventata un po’ il simbolo del capitalista cattivo, che guadagna dalle debolezze dello Stato e poi se ne approfitta pure. Ci sono fondi di investimento, fondi pensione, migliaia di riparmiatori che avrebbero avuto la peggio, questa volta senza alcun omblrello protettivo.
Altra certezza è che il crollo del ponte Morandi, con il suo carico di vittime, doveva portare necessariamente a un cambio di gestione.
Si è arrivati a una soluzione in apparenza indolore, dove il pubblico entrerà grazie a un aumento di capitale e quindi senza nessun guadagno automatico per i vecchi proprietari, senza i traumi che una eventuale revoca della concessione avrebbe inevitabilmente provocato. Per garantire sicurezza e al tempo stesso continuità nella gestione di infrastrutture nevralgiche e complesse come le autostrade senza una società preparata e dotata delle professionalità necessarie. Poteva essere Anas Sicuramente ne avrebbe avuto le capacità tecniche, ma sarebbe servito un periodo di rodaggio che forse non avremmo potuto sopportare.
Restano alcuni punti da chiarire. Intanto, di fatto, lo Stato diventato concessionario di se stesso. In pratica investe, probabilmente attraverso Cassa depositi e prestiti, in una società che è titolare di una concessione pubblica. E questa situazione sicuramente ha dei lati oscuri. Intanto il sistema dei controlli. Nel crollo del ponte di Genova avrà sicuramente le sue responsabilità la società di gestione, ma anche chi non ha controllato a dovere. Cambierà qualcosa avendo il controllo pubblico della gestione?
Ora, non è che un sistema pubblico funziona automaticamente meglio o peggio di uno privato. Si tratta semplicemente di stabilire i ruoli che gli attori economici e lo Stato devono avere. Nel mio piccolo, con le poche reminiscenze di economia che mi derivano dall’ormai lontana università, resto convinto che le situazioni di monopolio naturale debbano essere saldamente in mano al pubblico. Per due ragioni. Intanto perché il sistema privato, in una società di natura capitalistica, può funzionare soltanto in regime di concorrenza. E anche in quel caso, per un socialista come me, sarebbe bene che, almeno, si muovesse dentro un sistema di regole certe e controlli ferrei.
Ma poi perché, lo ribadisco ancora una volta, le reti strategiche di una nazione non possono essere soggette al mercato. Si dice, beh ma in realtà le autostrade non sono neanche un monopolio perché sono soggette alla concorrenza di treni, aerei e navi. In realtà di tratta di sistemi di mobilità di natura profondamente differente e in molti casi neanche alternativi, complementari semmai. E poi bisogna anche valutare l’enorme quantità di mobilità che, in Italia almeno, si svolge su gomma. Non che questo sia un dato immutabile sul quale non si possa intervenire, ma la situazione data è questa.
Speriamo, dunque, che una grande tragedia possa portare a ridefinire la strategia pubblica nei confronti delle reti.
Ultimo punto: Goffredo Bettini, autorevole dirigente del Pd che in molti indicano come l’ispiratore della linea di Zingaretti, ha detto con parole chiare che questa vicenda segna un deciso cambio di atteggiamento della sinistra che non si piega più di fronte ai poteri forti, che poi in Italia sono poche grandi famiglie che continuano a dominare lo scenario economico. Non so se sia semplicemente un modo elegante per capitalizzare politicamente questa vicenda. Né è ben chiaro chi fosse il bersaglio della critica di Bettini. Di certo si tratta, al di là della semplificazione necessaria in un’intervista, di un’evoluzione importante nel pensiero del principale partito della sinistra moderata. Sarebbe il caso che questa linea si applicasse a tutti i campi, a partire dal mercato del lavoro.
Speriamo che si segua su questa strada, quella del ritorno del ruolo dello Stato come attore economico nei settori che si ritengono strategici per lo sviluppo del Paese.
Certo, questo comporta anche un ritorno alla definizione di una strategia a lungo termine, non soggetta agli umori dei sondaggi settimanali. E su questo permettetemi di mantenere, diciamo così, almeno qualche dubbio. Si potrebbe ripartire, ad esempio, con il dare seguito al referendum sull’acqua pubblica o sarebbe chiedere troppo?
Nell’attesa la finisco qui, un pippone estivo non può prescindere dalle gocce di sudore che, anche all’alba, tendono ad annebbiare le idee e la vista. Un’altra settimana è passata: si va verso le vacanze, seppur con mascherina e amuchina al seguito.