Berlusconi santo subito.
Il pippone del venerdì/147
Ora, diciamolo, le temperature di questi giorni invitano più ad andare al mare che a mettersi di fronte a un computer per ragionare. E la tentazione di rinviare ulteriormente questo appuntamento settimanale è stata forte. Del resto, succede sempre arrivati a questo punto dell’anno, si comincia a provare un bisogno di distaccarsi dalle vicende quotidiane, che dal canto loro, nella pochezza della vita politica nostrana, non aiutano davvero. Quest’anno, malgrado l’emergenza coronavirus, non fa eccezione. La scarsa qualità complessiva della nostra classe dirigente emerge forse ancor di più proprio in virtù della situazione eccezionale. Che ci si metta a discutere delle presidenze delle commissioni parlamentari a metà luglio, con il Paese in mezzo a una crisi senza precedenti, la dice lunga. Ma questa è un’altra storia, che, diciamolo, non vale la pensa di una sudata davanti al pc.
Una riflessione, secondo me, vale la pena di farla su questa storia della persecuzione contro Berlusconi. Sarà breve, non temete. La vicenda è nota, ma la sintetizzo per dovere di cronaca. Spunta fuori dal cilindro di un prestigiatore mediocre una registrazione di una conversazione tra un magistrato della Cassazione e Berlusconi stesso. E’ di qualche anno fa. Il tema è la condanna del leader di Forza Italia. In sostanza il magistrato parla di una sorta di grande complotto che sarebbe stato ordito per pilotare quella sentenza (in realtà sono tre, una per ogni grado di giudizio) ed eliminare lo scomodo personaggio dalla vita politica italiana. Quella registrazione, sostengono i legali di Berlusconi, viene fatta trapelare soltanto ora per rispetto verso il giudice, allora ancora in servizio, che sarebbe stato sicuramente danneggiato da quelle parole. Viene da chiedersi perché farla uscire adesso allora: soltanto per amore di verità? Quella vicenda è ormai conclusa, Berlusconi è sempre al suo posto, non è stato nelle aule parlamentari per qualche anno, ma alla fine non pare che ne abbia risentito più di tanto. Il suo declino è dovuto più all’età che avanza anche per lui, che al lavoro dei magistrati del quale gli italiani non hanno mai tenuto gran conto nel dare il loro voto.
Viene il sospetto che sia stata tirata fuori adesso soltanto perché si tratta del momento più basso per la credibilità della magistratura italiana. E’ come un incastro perfetto nel puzzle che si sta costruendo con un processo di demolizione non dell’autorevolezza di un singolo magistrato, ma di tutto il sistema. Già che ci siamo, sembra di leggere tra le righe, avviamo anche il processo di santificazione del Berlusconi. Almeno per Craxi hanno aspettato che passasse qualche anno dalla morte, qua invece si parte con il protagonista ancora in vita. Meglio portarsi avanti con il lavoro, visto che il momento è propizio. Ora, si potrebbe ribaltare il ragionamento parlando di tutte le sentenze di prescrizione ottenute dall’anziano leader grazie al certosino lavoro di stuoli di avvocati, ma non è questo il livello di ragionamento che mi interessa affrontare. Berlusconi non può essere santo né ora, né fra vent’anni, non tanto per le sue vicende giudiziarie, sulle quali evito come sempre di intervenire, ma per quello che ha rappresentato nella storia d’Italia negli ultimi decenni.
Per la cultura del disprezzo delle regole, per l’opera di destrutturazione che ha sapientemente avviato e portato a termine nella nostra società, per aver governato questo nostro Paese facendo leva sulle divisioni, aizzando i poveri contro i più poveri, disprezzando la Costituzione e agendo da motore primo di quel populismo che alla fine ha finito addirittura per travolgerlo. L’eliminazione prima dei partiti, poi di tutti i corpi intermedi, l’avversione per le regole democratiche, nasce tutto da lì, da quella discesa in campo che già nella libreria di cartone alle sue spalle non prometteva davvero nulla di buono.
E’ stata la personificazione della parte peggiore del nostro Paese. Per arrivare al potere ha solleticato le nostre fobie, dato spazio alla nostra parte peggiore, quella che cerca sempre una scorciatoia e passa sopra le regole per arrivare al risultato desiderato. Detta in breve è stato la voce dell’Italia peggiore che ha finito per travolgere ed emarginare le energie migliori di questo Paese.
Per questo non può essere né santo né, tanto meno, uno statista. E il giudizio non può cambiare per una sentenza. Certo, il nostro sistema giudiziario fa acqua da tutte le parti, per la lentezza dei processi, perché le nostre aule di tribunale sono ferme all’800. Forse anche per la scarsa preparazione di parte della magistratura. Che ci siano maneggioni anche fra i magistrati, del resto, non dovrebbe essere una sorpresa per nessuno. Non si vede proprio perché, dopo decenni in cui è stata esaltata la furbizia al posto dell’intelligenza, la capacità di arrangiarsi al posto del merito, la magistratura dovrebbe essere un’isola felice, avulsa dal contesto del Paese. Un contesto di cui, non da solo, è responsabile in primis proprio Berlusconi, quello che oggi taluni vorrebbero dipingere come vittima di un sistema che ha contribuito a creare con la sua opera culturale e politica. Ma del resto, non ho dubbi, in questo Paese a memoria ultracorta passerà anche la nuova immagine del Berlusconi immacolato e santo. Meglio il mare.