E io me ne vado a Cuba.
Il pippone del venerdì/73
Nei giorni scorsi, nel corso di una chiacchierata, mi sono trovato a dover illustrare a mio figlio diciassettenne l’esistenza in Italia di un Pci, un Pc, un Prc. Ovvero, per i non addetti ai lavori, tre partiti che si ispirano al comunismo. In realtà le sigle che contengono la parola magica sono molte di più, ma siccome non siamo provvisti di microscopio elettronico ci siamo limitati alle tre più note. Ovviamente non mi sono addentrato sulle ragioni dell’esistenza di forze comuniste distinte, ma solo a una descrizione statica. Né ho provato a spiegargli perché Potere al popolo e Liberi e Uguali, liste nate prima delle scorse elezioni con la medesima ambizione di creare una nuova voce unitaria della sinistra, si siano presentate separate, né, tantomeno, perché adesso siano a loro volta sull’orlo di una nuova spaccatura. Potere al popolo si è addirittura diviso sulle modalità con cui le proposte di statuto sono state pubblicate sul sito. Alla votazione, per dovere di cronaca, hanno partecipato circa 4mila persone su 9mila iscritti complessivi. Ora Rifondazione, si vocifera, potrebbe bloccare l’uso del simbolo.
La discussione dentro Liberi e Uguali (sempre per partiti separati, non sia mai che ci si vede tutti insieme) nel frattempo prosegue con un irrisolvibile tira e molla fra chi vuole allearsi con Potere al popolo e De Magistris e chi guarda al Pd di Zingaretti. Nel Lazio, dove siamo sempre un passo avanti, un nutrito gruppo di dirigenti e amministratori vari è già salito sul carro del presidente della Regione, con la benedizione dell’assemblea di Mdp. Mi auguro che qualche zelante funzionario non mi chieda di fare i nomi, basta usare google e leggere i documenti approvati. Per farla breve: secondo quelli di Sinistra italiana Leu non si farà per colpa di Mdp, per quelli di Mdp Leu non si farà per colpa di Sinistra italiana. Tutti d’accordo solo nel dire che le colpe maggiori le ha Grasso. Che magari non sarà proprio un leader di prima grandezza ma, francamente, mi sembra meglio della marmaglia assetata di strapuntini che lo attornia. Liberi e Uguali, diciamolo, è morto.
Insomma, la situazione è al limite della farsa. Unica nota positiva di questi giorni è che le grida di allarme e di dolore che sento sono (forse) meno isolate e, con molta lentezza, si stanno mettendo in rete. Diverse zone di Roma, della provincia, il coordinamento milanese, molti compagni toscani hanno cominciato ad agitarsi in forma meno isolata e stanno provando a costruire un appuntamento comune. Un primo tentativo ci sarà a Roma il 20 ottobre (cliccando qui trovate il documento), ma sono molti gli spunti interessanti che si trovano in rete, come la petizione lanciata dal coordinamento del VII Municipio. Il percorso sarà lungo e l’esito è davvero non scontato. Siamo appena ai preliminari. L’importante è partire avendo, secondo me, poche ma chiare coordinate. La prima è spazzare via questi gruppuscoli dirigenti che ormai guardano soltanto alla propria salvezza e non riescono ad avere uno sguardo oltre l’oggi. Non sono cattivi, sono proprio poca cosa. Archiviamoli con decisione.
Resto pessimista e resto convinto che bisogna darsi un orizzonte lungo, evitando accelerazioni elettorali. E magari anche aprendo un confronto con quello che resta di Potere al popolo. Anche loro, se si sbarazzano davvero della zavorra di Rifondazione, sono un soggetto con il quale mi piacerebbe discutere. Da pari a pari. Sono anticapitalisti e antiliberisti, hanno in mente una forma di soggetto politico interessante, dove l’agire va di pari passo rispetto all’elaborazione ideale. Insomma una sorta di Syriza all’italiana. Perché non avviare un percorso comune di confronto per valutare se ci sono le condizioni per buttarsi alle spalle qualche divisione artificiosa? Io resto convinto che tutte le divisioni di questi anni siano il risultato di dirigenti litigiosi che appena vedono venir meno il loro ruolo si fanno il proprio partitino personale. Sarebbe il caso, lo so sono ripetitivo ma serve, di lasciarli a parlare da soli. Manco se ne accorgono secondo me. E di finirla con il classico “io con quelli mai perché vent’anni fa…”. Parlandosi potremmo scoprire di essere meno diversi di quello che sembra guardandosi da lontano.
Credo anche che nelle prossime settimane, però, si avrà un po’ di chiarezza in più. Inutile dilungarsi oltre adesso. E allora per questa volta la faccio davvero breve e vi lascio alle vostre beghe italiche. E’ molto dura abbandonare questo momento così effervescente e brillante dal punto di vista intellettuale, ma il dovere mi chiama: preparo le valigie e me ne vado a Cuba. Dove spero di non sentire parlare di voi. Ci vediamo fra 15 giorni.